In tuti i casi in cui un atto ( avviso, verbale, cartella esattoriale, etc. ) è palesemente illegittimo o errato – perchè magari riguarda una tassa, un tributo o una multa regolarmente pagate – prima di presentare il vero e proprio ricorso, è possibile tentare di ottenerne l’annullamento in modo amichevole.
Si ricorre all’istituto dell’autotutela, introdotto dall’art.68 del DPR287/1992 (poi abrogato ) e attualmente disciplinato dal D.L.564/1994 convertito nella Legge 656/1994, integrato dalla legge 28/1999 e dal decreto attuativo del Ministero delle Finanze n. 37/97.
L’autotutela costituisce il potere/dovere dell’Amministrazione finanziaria di correggere o annullare, su propria iniziativa o su richiesta del contribuente, tutti i propri atti che risultano illegittimi o infondati.L’amministrazione, a seguito di riesame, può annullare – totalmente o parzialmente – o sostituire l’atto in questi casi:
- errore di persona;
- evidente errore logico o di calcolo;
- errore sul presupposto dell’imposta;
- doppia imposizione;
- mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
- mancanza di documentazione successivamente sanata;
- sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolati;
- errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione.
Il Ministero delle Finanze, con la circolare n.198/98, ha chiarito che qualunque atto viziato può essere annullato d’ufficio, anche nel caso in cui:
- siano decorsi i termini previsti per ricorrere, ovvero l’atto sia divenuto definitivo;
- il ricorso sia stato presentato ma respinto con sentenza passata in giudicato per motivi di ordine formale;
- vi sia pendenza di giudizio;
- non sia stata prodotta in tal senso alcuna istanza da parte del contribuente.
Se a seguito della verifica, l’Amministrazione rileva che l’atto è annullabile, in tutto o in parte, procede inviando una comunicazione motivata ed – eventualmente – un nuovo atto sostitutivo del precedente.
Da sottolineare che non vi è a carico dell’amministrazione un vero e proprio dovere giuridico di provvedere di sua iniziativa, ma si tratta di una semplice facoltà discrezionale, il cui mancato esercizio non può essere in alcun modo contestato.
La procedura può essere attivata anche dal contribuente, il quale presenta istanza in carta semplice in cui deve necessariamente specificare:
– l’atto di cui viene chiesto l’annullamento totale o parziale;
– i motivi per i quali si ritiene tale atto annullabile.
La domanda deve essere presentata all’Ufficio che ha emesso l’atto. Dopo aver esaminato l’istanza e l’atto contestato, l’ufficio deve provvedere ad annullare o correggere lo stesso oppure a rigettare l’istanza, dandone comunicazione al contribuente entro 120 giorni dal ricevimento della richiesta.
L’annullamento comporta la decadenza di tutti gli eventuali atti successivi ( per esempio la cartella esattoriale che segue l’emissione dell’avviso di accertamento ) a quello esaminato e comporta il rimborso di tutte le eventuali somme riscosse in base a questi atti.
La presentazione dell’istanza di autotutela non sospende automaticamente i termini per la presentazione del ricorso.
RICORSO
Contro l’avviso di accertamento e di liquidazione, il ruolo, la cartella di pagamento, l’avviso di mora, il provvedimento di irrogazione di sanzioni, il diniego di rimborso, può essere proposto ricorso alla Commissione Tributaria competente per territorio, entro 60 giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato.
Il ricorso deve essere notificato, innanzitutto, all’ufficio che ha emesso l’atto contestato, mediante:
– consegna diretta
– per posta, con plico raccomandato senza busta e con avviso di ricevimento
– a mezzo notifica di ufficiale giudiziario.
Entro 30 giorni dalla data in cui è stata effettuata la notifica all’ente, il contribuente deve costituirsi in giudizio mediante deposito o trasmissione alla Commissione Tributaria dell’originale del ricorso notificato o copia del ricorso consegnato o spedito per posta.
Con la Legge n. 148 del 14/09/2011, è stato introdotto l’obbligo di indicare nel ricorso la Pec del ricorrente.
La proposizione del ricorso non sospende gli effetti giuridici dell’atto impugnato. La sospensione,tuttavia, può essere richiesta alla Commissione Tributaria competente con il medesimo ricorso oppure con atto separato.
In caso di sentenza a favore del contribuente, anche non definitiva, l’Ufficio deve attivarsi tempestivamente entro 30 giorni dalla notifica della sentenza, per eseguire gli obblighi stabiliti dalla sentenza stessa.
Il contribuente che ritiene illegittima la sentenza della Commissione provinciale può ricorerre in Appello alla Commissione regionale competente. contro le sentenze della Commissione regionale, è ammesso, in casi stabiliti, ricorso in Cassazione.