*Altipiani lontani : poesie / Vincenzo Francesca. – Caserta : Giuseppe Vozza editore, 2011. – 139 p. : ill. ; 24 cm ((Dono e dedica autografa dell’autore)
Abbiamo avuto il piacere di essere invitati alla presentazione di questa silloge di poesie presso la Biblioteca della Pro Loco di Apollosa (un paesino in provincia di Benevento) la sera del 23 dicembre 2011, invitati dal responsabile della biblioteca, il dott. Bruno Formato. Diciamo subito che per essere una sera fredda, antivigilia di Natale, siamo stati piacevolmente sorpresi nel vedere una sala piena fino all’inverosimile; è vero che nei piccoli paesi la comunità riesce più facilmente ad aggregarsi, ma insomma si trattava pur sempre della presentazione di un libro, per di più un libro di poesie. Non saremo certo noi ad aggiunger (inutili) dati sulle statistiche che ci vengono propinate ad ogni pie’ sospinto, sul fatto che nel nostro Paese si legge poco, ma certo non temiamo smentite se affermiamo che la poesia non è merce che si possa pensare di “vendere” facilmente, e questo anche a dispetto della convinzione (che appartiene anche a noi) di trovarci di fronte ad una tale quantità di poeti, presunti o aspiranti tali, semplici facitori di poesia, in numero tale da essere per lo meno poco proporzionato rispetto al numero dei lettori. Questo per dire del nostro compiacimento per aver assistito, la sera del 23 dicembre, ad una presentazione di un volume di poesie, cui presenziava tanta di quella gente, in più partecipando attivamente, giacché, avendo la “scaletta” dell’evento previsto anche una sorta di dibattito finale -un’abitudine questa ormai desueta, che perciò abbiamo apprezzato particolarmente- ci sono stati molti interventi che sono stati brevi solo perché ciascuno non voleva sottrarre tempo prezioso agli altri (a corredo di queste amichevoli riflessioni pubblichiamo alcune foto in ricordo della serata.)
Ciò premesso, abbiamo letto con grande attenzione e curiosità, con interesse sempre crescente, la raccolta di versi di Vincenzo Francesca, della cui vita, non semplice, ma intensa, ricca di esperienze e aperta costantemente alla novità, abbiamo appreso durante la presentazione del volume.
Come siamo soliti ripetere, a noi stessi e, se richiesti, anche in altri contesti, la poesia cui si può attribuire una patente di genuinità è quella dietro la quale si percepisce una storia, pur che sia, ma una storia, individuale e che si incrocia con quelle degli altri. Ebbene, dietro i versi di Vincenzo Francesca non solo si percepisce questa storia, ma la si coglie esplicitamente, sia che l’autore abbia deciso di condividere con i lettori i suoi ricordi di un passato più e meno lontano, sia invece che abbia fissato sulla carta delle sue sensazioni, emozioni, forse solo per se stesso. La raccolta è composta in ordine cronologico, da Primavera del 1970, fino a Lampo dell’agosto 2011. Alcune poesie sono in vernacolo, e sembrano quelle più immediate, di cui si coglie il senso e il suono (quasi una cacofonia), letteralmente, senza alcuna mediazione, sarà anche a cagione del dialetto; in altre si fa, dove chiaramente, dove in maniera più allusiva, un esercizio di nostalgia, ma mai ci è sembrato di cogliere un rimpianto rancoroso, anzi, al contrario, il culto della memoria appare più come lo sforzo genuino di non dimenticare ciò che è stato: quando l’autore si fa un dovere filiale di ricordare il nonno (Bersagliere Francesca Vincenzo cav. di Vittorio Veneto Guerra 15-18), o il padre (Le tue mani aperte), oppure quando rievoca i suoi amori giovanili (Un amore, Pina, Margherita,compagna di banco…), o ancora quando dedica dei versi alla figlia (Francesca Maria Carmen 8 marzo 2000) o alla moglie (Amica). È proprio con questi versi che ci piace chiudere questa riflessione, che, con il permesso dell’autore, citiamo per intero.
Domenico De Falco – Biblioteca Statale di Montevergine
Amica
A Pina Monaco
madre dei miei figli
Il tuo tempo non muore,
resta nel cuore
per sempre una voce.
Quando non avrà più tempo,
né ore e giorni
e primavere e inverni,
né più tempo per segnare il tempo,
avrai ancora un sorriso per me?
Sentirò la tua voce
e sorriderò ancora a te.
Indicavi le rondini ai nidi,
le lucciole frettolose
tutte uguali e senza meta,
e parlavi del tempo che si ferma
nelle virate di voli indecisi,
nelle spie luminose improvvise,
nell’attesa di un bacio
sulla fronte tenendoti la nuca.
Mi invitavi a sognare, fino in fondo,
dove gli altri non sanno arrivare,
mi chiedevi di tenerti per mano,
e dicevi sorridendo: t’amo.