Nell’ambito del diritto finanziario, ogni tipo di richiesta forzata da parte dello Stato, di una prestazione in denaro ad un singolo cittadino denominato contribuente, viene definita come tributo.
In Italia i tributi sono disciplinati dalla Costituzione e suddivisi in tre categorie: l’imposta, la tassa vera e propria e i contributi. L’imposta consiste in un prelievo coattivo che avviene in relazione alla capacità contributiva e al reddito; la tassa è una prestazione richiesta in cambio della fruizione potenziale di un servizio pubblico; il contributo non è una categoria ben definita perchè spesso oscilla fra una definizione di tassa e di imposta. In definitiva i tributi locali sono fonte di finanziamento per gli enti locali e per i servizi da questi erogati. Si tratta di tributi propri perché il gettito è del comune, sono riscossi e accertati dal comune, ma quest’ultimo non ha la facoltà di istituirli o meno, di modificare i criteri per la determinazione della base imponibile. L’unica facoltà concessa al comune riguarda la determinazione dell’imposta e talvolta la determinazione di speciali agevolazioni.
I tributi locali sono:
-
-
Tari (Tassa sui rifiuti)
-
ex TaRSU (Tassa smaltimento Rifiuti Solidi Urbani);
-
ex TARES (Tassa Rifiuti E Servizi);
-
ex Tia (Tariffa igiene ambientale).
-
-
IMU (Imposta MUnicipale Unica)
-
ex ICI (Imposta Comunale sugli Immobili)
-
-
TASI (TAssa sui Servizi Indivisibili fino al 31/12/2019)
-
ICPA (Imposta Comunale Pubblicità e Affissioni)
-
Tosap (Tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche)
-
Addizionale comunale all’Irpef (Imposta sul reddito complessivo determinato ai fini dell’IRPEF nazionale)
-