Data:
9 Settembre 2020

Nell’ambito del diritto finanziario, ogni tipo di richiesta forzata da parte dello Stato, di una prestazione in denaro ad un singolo cittadino denominato contribuente, viene definita come tributo.

In Italia i tributi sono disciplinati dalla Costituzione e suddivisi in tre categorie: l’imposta, la tassa vera e propria e i contributi. L’imposta consiste in un prelievo coattivo che avviene in relazione alla capacità contributiva e al reddito; la tassa è una prestazione richiesta in cambio della fruizione potenziale di un servizio pubblico; il contributo non è una categoria ben definita perchè spesso oscilla fra una definizione di tassa e di imposta. In definitiva i tributi locali sono fonte di finanziamento per gli enti locali e per i servizi da questi erogati. Si tratta di tributi propri perché il gettito è del comune, sono riscossi e accertati dal comune, ma quest’ultimo non ha la facoltà di istituirli o meno, di modificare i criteri per la determinazione della base imponibile. L’unica facoltà concessa al comune riguarda la determinazione dell’imposta e talvolta la determinazione di speciali agevolazioni.

I tributi locali sono:

    1. Tari (Tassa sui rifiuti)
      • ex TaRSU (Tassa smaltimento Rifiuti Solidi Urbani);
      • ex TARES (Tassa Rifiuti E Servizi);
      • ex Tia (Tariffa igiene ambientale).
    2. IMU (Imposta MUnicipale Unica)
      • ex ICI (Imposta Comunale sugli Immobili)
    3. TASI (TAssa sui Servizi Indivisibili fino al 31/12/2019)
    4. ICPA (Imposta Comunale Pubblicità e Affissioni)
    5. Tosap (Tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche)
    6. Addizionale comunale all’Irpef (Imposta sul reddito complessivo determinato ai fini dell’IRPEF nazionale)